Per analizzare l’utilizzo del sito e migliorare l'esperienza dei nostri utenti utilizziamo cookies e altre tecnologie. Cliccando su "OK" o continuando la navigazione, acconsenti l'uso dei cookies. Informativa OK

Ricerca Vacanze Destinazioni Last Minute Last Second Borsino Viaggi Prenota Prima Viaggi in Compagnia Festività Wellness Eventi

 Chiamaci 0698264700 - il Grillo Viaggiante
Registrati per avere tanti vantaggi

Assicurazione Annullamento è sempre inclusa nei nostri pacchetti!
Indietro

Eventi Teatrali a Roma - Teatro Arcobaleno

Si trova in Italia \ Lazio

Vedi tutte le foto »
Teatro Arcobaleno
 
Si trova in una zona centrale ed elegante di Roma, alle spalle di Villa Torlonia. Nato negli anni ‘30, ha vissuto alterne vicende: da teatro di varietà a sede dello storico laboratorio di arti sceniche di Gigi Proietti, a cinema d’essai. Proprio il cinema lo ha immortalato nella celebre scena di ”Un americano a Roma”, nella quale Alberto Sordi dirige un pittoresco gruppo di ballerine. Oggi è la casa del Classico, da quando nel 2001 Vincenzo Zingaro lo ha completamente ristrutturato, inaugurandolo come Centro Stabile del Classico.
Il Teatro Arcobaleno si pone come un punto di riferimento per chiunque voglia trascorrere una serata speciale, coniugando cultura e divertimento e ritrovare nel Teatro un incontro davvero unico.
 
 
SIGNORINA GIULIA
di August Strindberg
Regia Gianni Leonetti
 
Con Camillo Ciorciaro, Serena Cino,  Francesca Di Meglio
 
In una notte di mezza estate, nell’euforia dei festeggiamenti, in cui miserie e nobiltà potranno mescolarsi, la signorina Giulia cerca di sedurre l’ambizioso e affascinante servo Jean, che già intrattiene una relazione con Kristin. Jean, segretamente innamorato di Giulia sin dai tempi dell’infanzia, cerca inizialmente, vista la sua condizione, di resisterle; ma il suo negarsi non fa altro che esaltare Giulia, spingendola ad offrirsi a lui   in modo sfrontato. Lusingato dalle sempre più insistite attenzioni, in Jean iniziano ad emergere dall’ombra pulsioni bivalenti: la voglia di rivincita sociale e la mentalità di “servo” nella quale è confinato. Intrecciato a provocazioni perverse e al rapporto servo-padrone, fra Giulia e Jean nasce uno scabroso gioco erotico a tratti degradante, che li condurrà alla “trasgressione”. Entrambi hanno intercettato la follia dell’altro e l’IO, che non dispone delle passioni, collassa, lasciando campo aperto alla feroce lotta degli impulsi. Due anime ribelli, sedotte dal rischio, si scambiano continuamente il ruolo di dominante e dominato mentre tentano disperatamente di uscire dalle loro insoddisfacenti vite. La “vibrazione/frequenza” tra Jean e Giulia è rivoluzionaria, fuori norma, quindi pericolosa per il quieto vivere di una società ubbidiente e razionale in grado soltanto di giudicare e nascondersi dietro concetti moralistici. Giulia, in quel darsi via, in quello strapparsi da sé, irradia energia fino a morire come una stella, mentre per Jean, quella luce abbagliante, simboleggia il canto del cigno, il tramonto del suo sogno segreto. Testimone della spietata sfida tra eros e sopraffazione, la quieta e realista Kristin consapevole di non poter pretendere altro dalla vita se non quello che la sua condizione sociale può concederle. Il testo, scritto nel 1888 ci offre la possibilità di sperimentare una narrazione emotiva, carica di fisicità, per far emergere dall’ombra passioni autodistruttive, paure ancestrali, desideri proibiti. In quella magica notte d’inizio estate, Giulia e Jean, anime strappate, consumano per intero il loro autentico desiderio di vivere.
 
SATYRICON
di Petronio
Adattamento e Regia Francesco Polizzi
 
Con Francesco Polizzi, Andrea Lami, Giuseppe Coppola, Greta Polinori, Andrea De Luca, Vittoria Vitiello, Paolo Oppedisano
 
Una suggestiva trasposizione teatrale dell’avvincente romanzo di Petronio, Il capolavoro della letteratura latina, da cui Fellini trasse il suo celebre film FELLINI SATYRICON. Scritta nel I sec. d.C., l’opera costituisce un potente affresco della Roma imperiale, con i suoi eccessi e le sue bellezze infernali, attraverso una sequenza di storie e personaggi, che mescola divinità e popolino, straccioni, nobili e arricchiti, filosofi, prostitute e raffinati poeti. Una raffigurazione fantasiosa che restituisce appieno il ritratto di una civiltà sull’orlo della decadenza che, per molti versi, ricorda da vicino la nostra.
 
MANDRAGOLA
di Niccolò Machiavelli
Adattamento e Regia Nicasio Anzelmo
 
Con Domenico Pantano e con Anna Lisa Amodio, Antonio Bandiera, Chiara Barbagallo, Alessandro D’Ambrosi, Laura Garofoli, Nicolò Giacalone, Mimma Mercurio
 
Capolavoro del teatro del Cinquecento, un classico della drammaturgia italiana e una potente satira sulla corruttibilità della società italiana dell’epoca. Un’epoca quella del 1518, data di composizione della Mandragola, in cui si vendevano le indulgenze per acquisire il regno dei cieli e l’eternità beata, in cui era nel vivo la contrapposizione di Lutero e della sua controriforma (1517) alla chiesa cattolica, in cui il potere mediceo di papa Leone imperava su Firenze e infine, era viva e preoccupante la minaccia di un’invasione turca. La Mandragola infatti, seppur sotto le sembianze di un’ilare commedia, svolge un ruolo di denuncia nei confronti della perdita totale di morale della società del tempo, mette in discussione i valori familiari, inducendo nello spettatore un riso serio e quasi acre, che fa assai riflettere e critica la politica papale legando insieme Roma e Firenze. La sua struttura drammaturgica prende a modello Plauto, Terenzio e la tradizione novellistica italiana (la trama stessa risente, infatti, della vicenda narrata nel “Decameron” di Giovanni Boccaccio nella sesta novella della terza giornata).
 
C’ERA UNA VOLTA IL NIGHT
Scritto e diretto da Alessandro Carvaruso
 
Con Alessandra De Pascalis e con Mariano Perrella, Federico Pappalardo, Elisa Franchi e la partecipazione del M° Mario Vicari
 
Comicità, musica dal vivo e nostalgia: il night club che torna a brillare
Uno spettacolo che riporta in vita l’atmosfera scintillante dei nightclub italiani degli anni ’50 e ’60, tra ironia, poesia e leggerezza. Sul palco si alternano numeri comici, sketch brillanti e momenti musicali che ricreano il gusto e la vitalità di un’epoca in cui la notte era promessa di sogni, flirt e rinascita.
A dare corpo e voce a questo mondo è Alessandra De Pascalis con il sostegno di musicisti del calibro del M° Mario Vicari e di Mariano Perrella (i Pandemonium) “vecchi volponi da nightclub”, musicisti che hanno calcato quei palchi, testimoni diretti di un tempo in cui l’orchestra era il cuore pulsante della serata, capaci di passare con disinvoltura dalla risata liberatoria al lampo malinconico.
Il risultato è una serata raffinata e popolare allo stesso tempo, divertente, nostalgica, trascinante. Uno spettacolo che diverte e commuove, restituendo al pubblico l’eco di un’Italia che scopriva la modernità a passo di danza e a colpi di swing.
 
L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE
di Carlo Goldoni
 
regia Carlo Emilio Lerici
 
Con Gigi Savoia e Francesca Bianco e con Fabrizio Bordignon, Francesca Buttarazzi, Giuseppe Cattani, Alessandro Laprovitera, Paolo Perinelli, Alessandra Santilli, Susy Sergiacomo, Roberto Tesconi
 
Siamo nella prima metà del novecento. In un teatro vuoto, il capocomico Orazio attende gli altri membri della compagnia per dare inizio alle prove del nuovo spettacolo. Ci sono molte difficoltà economiche e la Compagnia è a rischio chiusura. Ma lo spettacolo deve andare avanti e così, visto l’arrivo imprevisto di alcuni nuovi interpreti, il cast è finalmente al completo. Bisogna solo trovare i soldi. Ed è qui che al capo comico viene un’idea… Da questo prologo, liberamente tratto da “Il Teatro Comico” dello stesso Goldoni, prende vita questo nuovo allestimento de L’Impresario delle Smirne. La vicenda è nota: un mercante turco vorrebbe scritturare una compagnia da portare in tournée nelle Smirne (come allora veniva chiamata la Turchia) ma i teatranti scelti si riveleranno pettegoli, invadenti, boriosi, intriganti e assetati di danaro, con le primedonne che faranno a gara nell’alzare le loro richieste sparlando ferocemente le une delle altre, fino a mettere in fuga l’aspirante impresario. E alla fine lo spettacolo andrà in scena oppure no? In questa versione, adattata da Carlo Emilio Lerici, lo sviluppo e la conclusione della vicenda non mancheranno di sorprendere e divertire il pubblico.
 
IL VECCHIO E IL MARE
di Ernest Hemingway
 
Regia Sebastiano Somma
 
Con Sebastiano Somma, Cartisia Somma
 
Il vecchio Santiago sfida le forze incontenibili della natura nella disperata caccia a un enorme pescespada dei Caraibi, e poi nella lotta, quasi letteralmente a mani nude, contro gli squali che un pezzo alla volta gli strappano la preda, lasciandogli solo il simbolo della vittoria e della riuscita nell’impresa. Forse per la prima volta nella sua vita, mentre ingaggia il corpo a corpo coi suoi nemici acquatici, si scopre coraggioso e fiero. Capisce che si può vincere, anche se dovrà realizzare che nella vittoria si nasconde la sconfitta, eterno dramma dell’essere umano. Il pescespada, durante la lotta, rimane sempre sotto l’acqua, il pescatore non lo vede mai, anche se vorrebbe vederlo, vorrebbe sapere con chi ha a che fare: probabilmente è simbolo di un male più profondo, una ferita che ogni uomo non può eludere ma solo affrontare con tutte le forze che ha in corpo.
Il ragazzino Manolin è l’unico che lo capisce e gli è fedele. Ha imparato il mestiere di pescatore e tutti i segreti dal vecchio, ma è costretto ad abbandonare il suo amico di viaggio, per volere dei genitori, che desiderano peschi su un’altra barca con maggior fortuna. Manolin però è molto affezionato al vecchio e, appena può, se ne prende cura come se fosse un figlio: un figlio che sogna i leoni! Nel rapporto intenso col ragazzino e nel ritrovarsi vincitore triste, Santiago trova la ragione della propria esistenza. Dalla loro amicizia capiamo che, probabilmente, il calore umano è l’unico medicamento possibile per alleviare quel male profondo che è dentro ognuno di noi.
Alla fine della sua grande carriera di scrittore, Ernest Hemingway rimedita i temi fondamentali di ciò che ha elaborato negli anni, nella cornice simbolica di un’epica individuale e, contemporaneamente, ripercorre i grandi modelli letterari che, come Moby Dick, hanno reso celebre la letteratura nordamericana.
 
L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU'
Di Luigi Pirandello
 
Regia Ennio Coltorti
Con Ennio Coltorti, Jesus Emiliano Coltorti, Adriana Ortolani
 
Affrontare Pirandello significa avere il coraggio di andare a frugare nei meandri delle ipocrisie del nostro tempo. “Della nostra civiltà” direbbe l’autore, alludendo forse in realtà a tutto il genere umano che, nelle società più “avanzate”, indossa una maschera, per nascondere il proprio egoismo “bestiale”. “Dio ci ha donato la parola per nascondere il pensiero” sosteneva un grande cinico come Talleyrand. Il gusto provocatorio di questo crudo aforisma rivela una caratteristica spesso presente nei comportamenti degli uomini cosiddetti “civili”: per Pirandello ”l’uomo” civile maschera con la “virtù” la propria “bestia” e quindi lui con la sua chirurgica abilità linguistica e drammaturgica mostra fin dall’inizio, in questo testo, la bestia che è in noi (è addirittura indicato nelle didascalie, per ogni personaggio, l’equivalente animalesco) distruggendo inesorabilmente quella maschera (dell’amore, della fedeltà, dell’onestà etc.) e rivelando alla fine l’essenza utilitaristica, opportunistica e ipocrita degli esseri umani.
 
Lo spettacolo rispetta fedelmente il testo. Dopo un primo periodo dedicato all’apprendimento della tecnica della Commedia dell’Arte, si è presa in esame l’opera del grande drammaturgo e il contesto storico in cui si trovò ad operare. Poi, dopo un’approfondita analisi a tavolino del testo, si è cominciata in palcoscenico una sorta di improvvisazione sui personaggi partendo proprio dalla Commedia dell’Arte e dalla tecnica della ricerca dell’animalità dei personaggi. La scelta seguente dell’allestimento scenico e dei costumi è stata fatta tenendo presente l’estrema teatralità suggerita dalle didascalie e dalla struttura del testo. Il riferimento musicale all’Opera Buffa di fine ottocento (sicuramente conosciuta e apprezzata dall’autore) concludeva la scelta dei riferimenti a quello stile grottesco cui Pirandello (grande estimatore del teatro tedesco di quel tempo) fece così profondamente ricorso nello scrivere quella che divenne presto la commedia più comica e più rappresentata tra quelle regalateci da questo nostro grande autore che tutto il mondo ci invidia.
 
ELENA
Di Euripide
 
Adattamento e Regia Nicasio Anzelmo
Con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Silvia Siravo, Ruben Rigillo, Alessandro D’Ambrosi e con Anna Lisa Amodio, Chiara Barbagallo, Emilio Lumastro
 
Tra tutte le tragedie euripidee, quella dedicata a Elena è la più trasgressiva e innovativa: rovescia il mito di Elena. Euripide mette in scena la personificazione della traditrice per eccellenza e ne fa una donna ideale, fedele a Menelao e madre piena di rimpianti per aver abbandonato la figlia Ermione. Spogliata dal mito e dalla tradizione, la vera Elena per Euripide è stata condotta per volere degli dèi in Egitto, dove protetta dal re Proteo è rimasta fedele al marito, mentre a Troia, con Paride, vive un fantasma, fabbricato d’aria, in tutto e per tutto identico ad Elena. Euripide si diverte a complicare la trama, già di per sé sorprendente nell’incostante oscillazione delle responsabilità divine e umane, creando un crescendo di situazioni al limite del surreale, fino ad un imbroglio che permette ad Elena e Menelao, nel frattempo entrato anche lui nel vortice della trama, di lasciare l’Egitto. L’impossibilità di distinguere tra apparenza e realtà e di conoscere la verità che emerge dal prologo si rivelerà un vero e proprio leitmotiv della tragedia. Menelao è suo malgrado il protagonista di una delle scene più umoristiche e allo stesso tempo riflessive della tragedia: quella del riconoscimento con Elena. E’ una tragedia anomala dato che la sua struttura drammaturgica l’allontana dalle altre tragedie sia per contenuti che per forma. Di satira e di scene brillanti ne sono piene le pagine di questa Elena euripidea. Il lieto fine imposto dal deus ex machina, ricompone la tragedia tra le fila del Mito, presagendo l’immortalità di Elena e la vita sull’isola dei Beati di Menelao.
 
IL POMO DELLA DISCORDIA
di Luana Rondinelli
Con Barbara Gallo, Egle Doria, Laura Giordani, Luana Rondinelli
 
La storia dell’occidente comincia in salita. È una guerra. Quella di Troia. Quasi un atto fondativo, a vedere come poi la nostra vicenda umana si è dipanata. E tutto parte, mitologicamente parlando da una vendetta. Piccola vendetta di una donna amareggiata, dea dei litigi e degli scontri, protettrice dei dissing, divina Eris, sorella di quell’ Ares, principe delle guerre totali che tanto (troppo) abbiamo venerato in questi millenni di racconto umano. E l’offesa è tosta, di quelle che anche oggi consumano e dividono le famiglie, massacrano parentele, allontanano cugini da cugini, zii da nipoti, nuore da suocere. L’offesa è che nessuno ha invitato questa povera donna alle nozze dell’eroe Peleo e della ninfa marina, Teti, figlia di Nereo, sorella di 50 fanciulle. E del resto come si fa ad invitare la dea della discordia ad un matrimonio, all’ evento per eccellenza che celebra l’unione, e che cementifica a tal punto che in futuro si minaccerà coloro che oseranno dividere.
 
Peleo e Teti sono gli sposi, genitori di quel tale Achille che morirà ucciso da una freccia mortale scagliata proprio da quel Paride che da una vita dedita alla pastorizia sarà trascinato da 3 superbe e capricciose dee a decidere ciò che un uomo non dovrebbe (non potrebbe) mai decidere: scegliere la più bella. Si, lo farà, il bel giovanotto. Ahimè. Sceglierà. Perché la più furba delle dee, che ben conosce che ascendente il potere dell’Amore ha sui bellimbusti di belle speranze, gli promette la passione, il fuoco della donna mortale che tutti desiderano. È la spartana, bella delle belle, Elena, moglie del povero Menelao. È da qui, incredibile ma vero, che tutto nasce. È da qui che tutto parte. È da qui che è possibile tentare di rintracciare noi stessi. È da qui che vogliamo partire per capire (capirci) un po’ di più
 
TRUCULENTUS
di T. M. Plauto
 
Con Annalena Lombardi, Piero Sarpa, Giovanni Ribò, Rocco Militano, Laura De Angelis, Fabrizio Passerini, Maurizio Castè
 
Pur considerato da Plauto uno dei suoi capolavori, il “Truculentus” è stato raramente rappresentato. La storia narra di una bellissima prostituta che abilmente tiene in pugno le sorti di tutti gli uomini che ruotano intorno alla sua casa: tipici caratteri della comicità plautina, che gareggiano fra loro per acquisire i favori della donna. L’originale riscrittura di Vincenzo Zingaro trasferisce la vicenda alla fine degli anni ’30, in Sicilia, dando vita ad un affresco storico di grande impatto emotivo. Un “Amarcord” dagli echi felliniani, che ci trasporta in un’onirica e scoppiettante vita di provincia, dove i personaggi plautini si trasformano in ritratti familiari, a dimostrazione di quanto il teatro latino abbia un radicato fondamento nella vita del nostro Paese. Una rappresentazione di Plauto davvero unica, divertente e commovente, che ci fa scoprire quanto il commediografo latino sia veramente un nostro “contemporaneo”. Un’occasione da non perdere, per chi voglia trascorrere una serata coniugando cultura e divertimento, per ritrovare nel teatro un incontro davvero speciale.
Si tratta di un evento promosso dal Ministero della Cultura, con il Patrocinio dell’l’Università di Roma “LA SAPIENZA” e l’Università “CARLO BO” di Urbino.