TEATRO AMBRA JOVINELLI
L’Ambra Jovinelli, una volta chiamato unicamente Teatro Jovinelli, è un teatro di Roma destinato principalmente alle rappresentazioni di teatro comico.
Il teatro nacque per volontà dell’impresario teatrale Giuseppe Jovinelli, intenzionato a costruire un teatro di varietà dal volto lussuoso e degno di essere equiparato ad un teatro di prosa, di norma stilisticamente più ricco e nobile. Venne eretto nella scomparsa Guglielmo Pepe, nel quartiere Esquilino. Dopo una serie di progetti firmati da Pietro Chiodelli e Giacomo Radiconcini, i lavori di costruzione iniziarono nel 1906. L’anno seguente subentrò come progettista Ulderico Bencivegna. L’inaugurazione avvenne il 3 Marzo del 1909.
Fra il 1919 e il 1920 al Teatro Jovinelli fece il suo debutto Totò, che raccontò poi il suo incontro con l’impresario in Siamo uomini o caporali? Presentatosi come imitatore di Gustavo De Marco, un comico che aveva avuto un grandissimo successo su quello stesso palcoscenico negli anni precedenti la guerra, Totò divenne subito un beniamino del pubblico, e rimase allo Jovinelli fino al 1921.
Il 29 aprile 1982 un incendio, causato da un malfunzionamento tecnico, bruciò l’intera struttura, decretandone alcuni anni dopo la definitiva chiusura e abbandono. La famiglia Jovinelli mise in vendita lo stabile, acquistato nel 1990 da una società milanese che non rese noti i progetti futuri per cui lo aveva acquistato.
Dopo un completo restauro ed il recupero dell’intera struttura, nel gennaio 2001 il Teatro Ambra Jovinelli riapre come teatro comico, con la direzione artistica di Serena Dandini, ma nel giugno 2009 il teatro chiude e viene abbandonato
Il 26 dicembre 2010 debutta il primo spettacolo organizzato sotto la nuova, e attuale, gestione. La direzione artistica di Fabrizia Pompilio riporta in pochi anni il teatro Ambra Jovinelli agli antichi fasti, portando la fama del teatro oltre iconfini della capitale e rendendolo uno dei punti di riferimento a livello nazionale.
PERFETTI SCONOSCIUTI di Paolo Genovese
Paolo Genovese firma la sua prima regia teatrale portando in scena l’adattamento di PERFETTI SCONOSCIUTI. Una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento,che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire di essere “perfetti sconosciuti”. Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta. Un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim. Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare? Durante una cena, un gruppo di amici decide di fare un gioco della verità mettendo i propri cellulari sul tavolo, condividendo tra loro messaggi e telefonate. Metteranno così a conoscenza l’un l’altro i propri segreti più profondi…
SANGHENAPULE La vita straordinaria di San Gennaro con Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
In uno spettacolo che intreccia il racconto alla poesia, esaltando la lingua napoletana in tutta la sua barocca bellezza, Mimmo Borrelli e Roberto Saviano, puntano al cuore di Napoli, città di sangue e di lava incandescente, esplorandone il mistero e la contraddizione. Attore e narratore percorrono alcune tappe della storia napoletana in una continua osmosi tra celeste e sotterraneo. È il sangue il filo conduttore di uno spettacolo di parole, luci e suoni, con una splendida colonna sonora originale eseguita dal vivo. È il sangue che si scioglie, rinnovando ogni anno il patto tra il santo e la sua gente; è il sangue dei primi martiri cristiani, ma anche quello dei “martiri laici” della Repubblica partenopea, che a fine Settecento tentò di opporre l’ideale democratico all’oppressione borbonica; è l’emorragia dell’emigrazione nei primi decenni del Novecento, quando migliaia e migliaia di italiani varcarono l’oceano in cerca di un futuro migliore; è il sangue versato sotto le bombe della Seconda Guerra mondiale; è, infine, quello degli agguati di camorra. In uno spettacolo che intreccia la narrazione alla poesia, esaltando la lingua napoletana in tutta la sua barocca bellezza, Mimmo Borrelli e Roberto Saviano, puntano al cuore di Napoli, città di sangue e di lava incandescente, raccontandone il mistero e la contraddizione.
AMLETO di e con Filippo Timi
Il suo è un Amleto annoiato, che non ha più voglia di interpretare la solita solfa familiare, non ha più voglia di amare Ofelia, non ha più voglia di niente. Invano voci fuori campo lo richiamano al suo destino. Quasi un leone in gabbia, il principe, un po’ bambino viziato, un po’ vate visionario, si aggira in mezzo ad una festa luttuosa. Intorno a lui, personaggi direttamente scaturiti dalla sua mente folle, interpretati dalle attrici storiche della sua compagnia, ancora una volta eccezionalmente insieme per dar vita a questa nuova edizione. Come scrive il filosofo Lorenzo Chiuchiù, Timi iscrive il destino di Amleto in una dimensione fuori dalla storia: “le parole che noi ci diciamo sono parole imparate a memoria” – dice Amleto a Ofelia; o “Il teatro è la trappola con cui catturerò la coscienza” perché solo nella finzione si dà coscienza. Per Filippo Timi è proprio Amleto ad aprire quel varco pericoloso per cui i morti esigono qualcosa dai vivi, quando gli amori mancati o passati fanno a pezzi quelli attuali, quando si vede la purezza sprofondare senza testimoni. Di fronte alla realtà, di fronte a certi irrimediabili eventi, il cuore e il cervello impazziscono, hanno bisogno di trovare fughe per non soffrire. Ridere è la risposta della coscienza alla tragedia? Ridere il pianto. Ridere la morte. Ridere l’abbandono. Ridere il tradimento. Ridere la follia. Un Amleto spiazzante, comico, furibondo, folle e colorato. Di fronte alla tragedia esistono due possibilità: soccombere o esplodere nel massimo della vitalità. Timi ha scelto la seconda, trasformando la tragedia in commedia, tra potere e oblio, tra frivolezza e pazzia; esasperando così la radice comica di Shakespeare che faceva dire a Nietzsche: “non conosco lettura più straziante di Shakespeare: cosa deve aver sofferto un uomo per avere a tal punto bisogno di fare il pagliaccio”.